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Verzuolo e la Sindone

Verzuolo e la Sindone

Ogni anno, generalmente nel mese di maggio, presso la cappella di Santa Cristina si celebra la festa della Santa Sindone, ricorrenza tradizionale che neppure l'emergenza pandemica degli scosi anni è riuscita a fermare. Ma da dove nasce questa devozione per il Sacro Lino che i cristiani ritengono abbia custodito il corpo di Gesù di Nazaret?

La festa della Sindone fu istituita il 26 aprile 1506 da Papa Giulio II, noto come "il Papa guerriero", uno dei più celebri pontefici del Rinascimento. Un papa particolarmente familiare ai saluzzesi perché durante il suo breve pontificato - dal 1503 al 1513, anno della sua morte - egli istituì la diocesi di Saluzzo. Nei primi anni del 1500, Margherita di Foix, vedova del Marchese Lodovico II e reggente il marchesato in vece del figlio primogenito, Michele Antonio, desiderando che Saluzzo aumentasse la propria importanza divenendo sede vescovile ed assumendo il titolo di città e centro del Marchesato, supplicò il papa Giulio Il di elevare il territorio a diocesi e le trattative, porta e avanti con perseverante caparbietà, riuscirono allo scopo; nel concistoro segreto del 26 ottobre 1511 il papa annunciava l'erezione della diocesi di Saluzzo.

Ma la diffusione del culto sindonico era già iniziata qualche decennio prima, in particolare da parte dei Savoia che, entrati in possesso del prezioso lenzuolo nel 1453, lo incrementarono con grandiose e frequenti ostensioni, soprattutto a partire dal 1578 anno della traslazione da Chambéry a Torino. La Sindone venne così eletta a simbolo e vessillo della stessa vita del Ducato, della sua autorità e del suo potere. Dopo l'ostensione del 1642 si diffuse in tutto il Piemonte la tradizione di raffigurare la Sindone, sulle case e sulle chiese; consuetudine che proseguì anche nel '700 ed oltre. Parecchie di queste raffigurazioni ricordano un soggiorno della Sindone nelle varie peregrinazioni, ma più spesso quei dipinti venivano eseguiti per voto delle popolazioni come richiesta di intercessione contro il flagello della peste tanto frequente nei secoli scorsi; oppure in ringraziamento per il suo cessare.

A Verzuolo sono presenti ben due di queste rappresentazioni, entrambe di carattere popolare, databili tra la fine del 1600 ed i primi decenni del 1700. Il primo affresco è posto su di una casa all'inizio di Via Castello, all'incrocio con via Marconi, e presenta come ostensori della Sindone la Madonna al centro, san Giovanni Battista a sinistra, san Giuseppe a destra. Il secondo affresco si trova a Falicetto in via Saluzzo, in una lunetta posta sul portale barocco di una cascina.

Esso presenta un'iconografia inconsueta: in un paesaggio che ha sullo sfondo le Alpi e il Monviso, la Sindone, disposta trasversalmente, è presentata dalla Vergine e sostenuta da un angelo in cielo e da un altro in terra, quasi a significare il legame fra terra e cielo. A sinistra nella raffigurazione, inginocchiato in adorazione, si trova san Francesco di Sales, vescovo di Ginevra e dottore della Chiesa che, con la sua appassionata opera di predicatore e di scrittore, aveva cercato di convertire gli eretici calvinisti. La Sindone, cui il santo era molto devoto, può infatti essere considerata un'immagine simbolica della vittoria del cattolicesimo sull'eresia protestante, vessillo della Controriforma che i Savoia inalberarono per la loro politica di oppressione sui Riformati.

Risulta invece più difficile risalire al legame che collega la Sindone alla chiesa di Santa Cristina e all'origine della festa celebrata ogni anno all'inizio del mese di maggio. La chiesa di Santa Cristina si ritiene venne fondata - tra il 1430 e il 1440 - dal beato Aimone dei conti Tapparelli di Lagnasco, appartenente all'ordine dei predicatori. Successivamente i Marchesi di Saluzzo concessero ai padri domenicani del Convento di San Giovanni di Saluzzo l'uso di Santa Cristina perché in quel sito potessero svolgere vita contemplativa e affinché la cappella venisse tenuta aperta al culto divino. Essi riedificarono la chiesa e gli edifici che la circondano e la utilizzarono soprattutto come luogo di villeggiatura; questo fino alla soppressione degli ordini religiosi, operata dal governo francese sul finire del secolo XVIII. Gli edifici ed i terreni passarono quindi in mano ai privati e da quel momento la cappella venne officiata dai sacerdoti della parrocchia dei ss. Filippo e Giacomo.

Con un decreto datato 21 luglio 1831 il vescovo di Saluzzo, mons. Antonio Podestà, stabilì che il parroco nominasse annualmente due rettori o massari " ... i quali sotto la direzione del signor prevosto dovranno tener conto delle limosine ed offerte che verranno fatte dai fedeli alla detta chiesa e quelle fedelmente amministrare in servizio della medesima e renderne conto annualmente al signor prevosto". Lo stesso decreto stabiliva che "la festa della Santa Titolare sarà celebrata nel giorno che cade la di lei memoria alli 24 di luglio in giorno feriale, colla Messa solenne e Benedizione del SS. Sacramento alla mattina; e cadendo il giorno 24 Luglio in giorno di Domenica si trasferirà la Festa al Lunedì seguente..." Ed invitava il parroco a vigilare "che non si facciano per tale occasione notturne adunanze od altri profani tumulti, onde la divozione non degeneri in disordine". Dunque, nel 1831 vi è una sola festa: quella dedicata alla santa di Bolsena, Vergine e Martire, titolare della cappella. Circa quarant'anni dopo, nel 1869, il vescovo di Saluzzo monsignor Gastaldi in occasione della visita pastorale, così descrive la chiesa: " ...dipinta nel 1850 merita piuttosto il nome di stalla che di chiesa: è coperta da assi e pavimentata in pietra. Vi è una specie di altare. L'icona col dipinto di S. Cristina è in tela lacera... A ridosso della chiesa verso Oriente, sotto un arco, c'è uno spoglio altare che si adorna nella festa di S. Cristina V.M. la prima domenica di settembre, vi accorrono in molti". Nessun riferimento, dunque, ad un'immagine che rappresenti la Sindone o ad una festa ad essa dedicata. L'unica festa cui si fa riferimento è quella della Santa non più celebrata il 24 luglio, ma la prima domenica di settembre.

Sarà il primo libro dei conti, iniziato nel 1831 a seguito del citato decreto vescovile, in corrispondenza del 4 maggio 1873 a fornirci i primi elementi: "limosine levate di cassa e collettate in chiesa nel giorno della Festa ... 548,19 lire". Quindi, la festa svolta il 4 maggio di cui si parla non può essere che quella dedicata alla Sindone. L'anno successivo (1874) alla stessa data il registro sarà ancora più esplicito: "Per le funzioni della solita festa nel giorno della Santa Sindone ... " Quel "solita" presuppone forse una consuetudine che dura già da un po' di tempo. Per la festa del 1874 il libro dei conti prevede: il rimborso ad un certo Frate Adriano, evidentemente il predicatore; la spesa per "il desinare dei rettori, cantori, ecc." e cinque lire ad un certo Mondino "per lo sparo dei cannonetti". Da questo periodo in poi la festa diventerà una costante: una piccola ricorrenza, limitata ad un giorno soltanto, modesta anche nelle manifestazioni esterne.

Nulla a che vedere con la festa di santa Cristina che, collocata in una stagione più favorevole, raggiunse negli anni '50 del secolo scorso livelli di grande solennità e partecipazione. Un programma religioso ricco di celebrazioni articolate su più giorni, con tanto di processione e banda musicale. La festa della Sindone, invece, continuerà a mantenere un profilo più basso e, nei bollettini degli anni '70-'80 non verrà neanche menzionata tra le ricorrenze del mese di maggio, tradizionalmente dedicato alla festa della Comunità. Neppure il bollettino del luglio 1978 che dedica un ampio servizio di due pagine all'ostensione della Sindone, ricorda di citarla. Ma con discrezione ed umiltà, anno dopo anno, la festa è giunta sino a noi. Se si considera approssimativamente il 1873 come data d'inizio, il prossimo 2023 saranno trascorsi ben 150 anni: un traguardo di tutto rispetto!

La Sindone ancora oggi ci spinge alla riflessione ed alla preghiera. Come ebbe a scrivere Papa Francesco «Questo Volto sfigurato assomiglia a tanti volti di uomini e donne feriti da una vita non rispettosa della loro dignità, da guerre e violenze. Eppure il Volto della Sindone comunica una grande pace; questo corpo torturato esprime una sovrana maestà. È come se lasciasse trasparire un'energia contenuta ma potente, è come se ci dicesse: abbi fiducia, non perdere la speranza; la forza dell'amore di Dio, la forza del Risorto vince tutto».