Ci sono storie belle che meritano di essere raccontate. Una di queste è ambientata proprio a Verzuolo, terra vocata alla frutticoltura, e vede come protagonisti due fratelli Giulio e Bruno Peyracchia. Negli anni ’70/80 iniziano a diffondersi sul territorio le coltivazioni di kiwi. L’azienda agricola Peyracchia si avventura in questo nuovo mondo prima con la produzione in serra e vendita di piante, poi nella coltivazione di tale frutto di origine neozelandese.
Ogni pianta ha però esigenze diverse a seconda della zona climatica in cui cresce. Giulio e Bruno mettono in azione la loro grande capacità osservativa, voglia di sperimentare ed ecco che arriva l’intuizione geniale: un nuovo metodo di potatura volto a mantenere il giusto equilibrio vegetativo e produttivo della pianta.
Associato ad una innovativa gestione colturale con attente modalità di legatura dei rami e concimazione, questo metodo porta a risultati eccezionali, riconosciuti dagli servizi tecnici agrari (allora Asprofrut, ora Agrion) come funzionale per favorire non solo una maggiore produttività, ma anche migliore appezzatura e conservabilità del frutto.
Ai fratelli Peyracchia Giulio e Bruno non va riconosciuta solo la grande intuizione, ma un’altra qualità umana di valore forse ancor più importante: trattandosi di un metodo, non fu brevettabile, ma questo non fermò la loro disponibilità a mettere a disposizione di tutti le loro conoscenze convinti che produrre meglio porta beneficio a tutti. Questo è superamento dell’individualismo a favore del mondo dell’agricoltura.
L’azienda Peyracchia diventò punto di riferimento per agricoltori e tecnici della zona, e iniziarono le visite da tutte le regioni italiane e dall’estero (Cile, Nuova Zelanda per far alcuni nomi). Curiosità: su testi scolastici degli istituti agrari compare proprio il riferimento al metodo di potatura Peyracchia.
Purtroppo non si tratta di una storia a lieto fine. La violenta batteriosi che ha messo fine alle coltivazioni di kiwi, senza cura efficace mai trovata, è arrivata anche a Verzuolo, imponendo la difficile decisione agli agricoltori di convertire la produzione su altri frutti.
Scelta sofferta per tutti, ancor più per chi, come i fratelli Peyracchia, avevano un legame affettivo particolare con quella pianta.
A fianco le immagini dell’articolo pubblicato su Il Corriere di Saluzzo nel maggio 2008 – che trovate anche in allegato - con interessante intervista ai fratelli Peyracchia